10 carte da 100 che profumavano di caffe’, a volte finivano sulla tavola delle Forbici

Una premiazione del sorteggio, da sinistra Renato Ciolfi, il vincitore dei mille dollari, Gino Russignan Barzula, Joe Mallozzi (manager dell’Italia), Rocco Lofranco mentre offre una medaglia all’arbitro Larry Naccarato (Foto archivio Tony Pavia)

Una premiazione del sorteggio, da sinistra Renato Ciolfi, il vincitore dei mille dollari, Gino Russignan Barzula, Joe Mallozzi (manager dell’Italia), Rocco Lofranco mentre offre una medaglia all’arbitro Larry Naccarato (Foto archivio Tony Pavia)

Toronto, 24 luglio 2020 – Mille dollari a partita.

Negli anni 80 quasi 90 la “millata” era un bella somma.

La si poteva vincere andando ad un match della Toronto Italia che allora giocava al Centennial Stadium.

Uno tra i quattro-cinquecento assidui fans azzurri, se in possesso del tagliando sorteggiato a meta' tempo, andava a casa con dieci carte da cento che profumavano di caffe' Barzula.

La genialata di offrire la possibilita' di vincere un bel malloppo a chi comprava un biglietto d'ingresso (5-10 dollari) alle sue partite fu del compianto Rocco Lofranco che la propose a Mr. Barzula, aka Gino Russignan, che accetto' di finanziare il calcio e battere la grancassa per il suo caffe'.

Erano i tempi in cui l'establishment inglese cercava di ripulire il pallone da ogni cosa che avesse odore etnico, a cominciare dal nome delle squadre.

Russignan, che aveva perso il suo luogo di nascita, Isola D'Istria, passato a fine guerra alla Jugoslavia, per il quale l'Italia era sacra, accetto' di finanziare parte della guerra che Lofranco aveva ingaggiato per difendere il calcio etnico.

L'iniziativa ebbe successo, la partnership duro' dieci partite.

Sugli spalti finirono, si fa per dire, diecimila dollari.

Su quei dieci sorteggi sono nate leggende consegnate alla storia.

Si sussurra che una estrazione premio' il fratello di un calciatore il cui stipendio era arretrato.

Si dice che qualche altro sorteggio fu aggiustato pro Forbice.

La Forbice era una specie di club, covo degli ultra' azzurri, criticoni specializzati nel prendere di mira chi si azzardava a dire qualsiasi cosa di negativo nei confronti di Lofranco e l'allenatore Felicetti.

Una volta se la presero, di brutto, anche con il sottoscritto al punto che si chiese la mia testa all'editore Iannuzzi, il quale , pero’, mi ordino' di continuare a criticare se le critiche erano giustificate.

Il maestro tagliatore della Forbice era il compianto Adriano La Viola che allora dirigeva la sala banchetti La Luna.

Se la memoria non mi inganna, facevano parte della Forbice, Pietro Felicetti, Alfonso Ciasca, Alberto Cesario, Amerigo Lombardi, Filippo Didiano e qualche altro il cui nome e' imboscato nella coccia (testa) e non salta fuori.
Secondo voci non confermare, nelle padelle della Luna finirono alcuni agnelli (quelli veri, non la dinastia bianconera) comprati con i soldi del caffe'.

La passione, ed il sostegno, verso quell'Italia di allora, era grande, a volte esagerato.

In una circostanza ne fece le spese Roberto Bettega, a quel tempo giocatore del Blizzard.

Bobby gol era sugli spalti, mischiato alla folla, e qualcuno lo prese a male parole accusandolo di essere contro il calcio etnico. All'inizio anche i due grandi amici, Pasquale Sabatino e Gianni del Colosseo, si unirono ai contestatori, poi si adoperarono a calmare le acque e portare in salvo Bettega assicurando che in futuro nessuno lo lo avrebbe piu' importunato.

Bettega, pero', alle partite dell'Italia non torno' piu'.



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