Carmen Basilio, sul ring una forza della natura

Carmen Basilio, a sinistra, centra alla mascella il ben piu’ alto Sugar Ray Robinson nel famoso match del 1957; in basso uno scambio di colpi

Il piccolo italo-spagnolo mise alle corde anche Sugar Ray Robinson. Di lui Mike Tyson disse: "Carmen era cattivo, cattivo davvero. Nel senso che era cattivo come uno che non mangia da sei giorni".

di Giulio Zoppello

Era il 23 settembre del 1957, eravamo nel Bronx, a New York, nell'Arena del quartiere più malfamato della Grande Mela, nello Yankee Stadium, quello poi abbattuto negli anni 80, che era considerato un monumento nazionale, era uno dei posti più famosi del mondo per chi amasse la MLB.

Baseball, baseball, quasi solo baseball, ma quella sera non ci stavano Babe Ruth o Jackie Robinson a deliziare le migliaia di spettatori.

Quella sera tutti si sarebbero spellati le mani e spaccati le corde vocali per due pugili che sul ring preparato lì in mezzo, avrebbero dato via al match dell'anno.

Da una parte c'era lui, il Principe della Boxe, il più grande di sempre ancora oggi. "Sugar" Ray Robinson aveva 36 anni ma continuava a voler sfidare i migliori, a voler mostrare perché era famoso pure su Marte

Era Campione dei Pesi Medi, era reduce da una vittoria contro il grande Gene Fullmer, un ko fantastico, ma ora, ora voleva “dare alla gente un match da ricordare”.

Ennesima prova di cosa era la boxe, di cosa si è perso: misurarsi coi migliori, dare tutto, mettersi alla prova, senza essere ossessionati da quello zero nel record. E per questo aveva scelto quell'italo-spagnolo. E quel mezzosangue si chiamava #CarmineBasilio.

Carmine era nato a Canastota nello Stato di New York. Era un piccolo furetto di 169 cm (ben 11 in meno di Robinson) che fin dal suo esordio nei professionisti si era distinto per quelle qualità che ognuno vorrebbe vedere in un pugile.

Carmine era coraggioso fino all'incoscienza, lo era perché per lui, che aveva servito nei Marines durante la Seconda Guerra Mondiale, in fondo sul ring non poteva essere peggio che a Okinawa o Tarawa.

Come pugile aveva una mascella a prova di bomba, una resistenza da maratoneta, doti atletiche assurde, determinazione e disciplina.

Non aveva le mani pesantissime, ma nonostante questo era capace di piegare ogni avversario, grazie ad uno stile che definire aggressivo era anche riduttivo.

Le sue combinazioni al corpo e al viso fulminee, il suo bobbing and waving avrebbero ispirato decine di altri campioni in futuro.

Ma più di ogni altra cosa, Carmen non aveva paura di niente e nessuno, era pronto a battersi con chiunque e in quel 1957, a trent'anni secchi, decise che da Campione dei Pesi Welter, era suo dovere provare a prendersi la cintura dei Medi.

Basilio si era fatto strada come si usava all'epoca, con una durissima gavetta, dal 1948, combattendo nella sua Syracuse o Binghamton, e nel 1950 (anno in cui combatté ben 11 volte), aveva un record di 22 vittorie, 5 sconfitte a 3 pareggi.

Tra le vittorie spiccava quella contro l'ex Campione dei Pesi Leggeri Lew Kenkins, ma sembrava che l'occasione giusta per lui non arrivasse mai. Vinse contro altri avversari, perse con il quotato Ross Virgo, così come con Chuck Davey e Billy Graham.

Sembrava per tutti il classico pugile da incontro da "undercard", che garantiva il giusto spettacolo prima dei pesci grossi.

Ma lui non era d'accordo. Non era mai stato battuto prima del limite ed era deciso a diventare Campione del mondo, ma gli serviva la vittoria giusta per lanciarsi.

E finalmente il 12 gennaio1 953, la colse contro il temibile Ike Williams, peso Leggero tra i più formidabili e si prese pure la rivincita su Graham, che poi fermò con un pari nel quarto match che li vide contrapposti.

Il 18 settembre del 1953 era finalmente nella sua Syracuse a contendere la Corona dei Pesi Welter al fuoriclasse cubano #KidGavillan.

Purtroppo per lui, la classe dell'isolano caraibico era semplicemente troppo più alta e sfavillante della sua e perse in modo netto ai punti. Non si diede per vinto e mise a segno otto vittorie e due pareggi tra il '53 e '54, contro Cunnigham e il nostro Italo Scortichini, nonché il tedesco Peter Muller.

Fu la sera del 10 giugno 1955 che il suo sogno si realizzò, quando sconfisse in un match brutale e fantastico un altro italo-americano: il feroce bostoniano di origini siciliane #TonyDeMarco, con cui diede vita ad uno dei match più brutali di quegli anni, uno “slugfest” in cui gli spettatori impazzirono.

Il Ko che inflisse al grande DeMarco al 12esimo round, lo fece finalmente diventare qualcuno nella boxe che contava.

Pochi mesi dopo, si trovò a difendere la cintura contro un oscuro pugile chiamato Johnny Saxton, a Chiacago.

A Carmine non piaceva muoversi da Syracuse, e meno ancora andare a Chicago “è una città di gangsters” diceva al suo entourage. Ed aveva ragione.

Saxton era un pugile della Mafia, in particolare era connesso alle Famiglie di Philadelphia, e stava sotto l'ala protettrice dei due famigerati Frankie: Frankie Palermo e Frankie Carbo.

I due organizzarono il delitto perfetto, corrompendo arbitro e giudici, che dopo 15 round in cui Basilio aveva dominato un avversario pur coraggioso e volenteroso, lo derubarono del titolo.

"Fu come essere rapinato al buio in strada" ricordò sempre Carmine. I giornali e la stampa fecero fuoco e fiamme, e di lì a poco i due Frankie finirono in prigione, ma non prima di aver visto il loro protetto letteralmente azzerato nella rivincita e nella “bella” da Carmine, che gli inflisse due sconfitte per Ko, rispettivamente al nono e secondo round.

Fu allora che oltre alla cintura, anche la gloria si voltò a guardarlo per la prima volta.

Quella sera di settembre del 1957, quando nel match più bello della sua vita, il più bello di quell'anno, sconfisse sua maestà Robinson con una prestazione meravigliosa, uno dei più grandi combattimenti della storia dei Pesi Medi.

I due replicarono il tutto nel rematch, con cui Sugar Ray il 25 marzo dell'anno dopo si riguadagnò il titolo, anche qui la decisione fu assolutamente sul filo di lana.

La cosa non aiutò a rendere più quieti i rapporti tra i due, che a dispetto del rispetto che nutrivano l'uno per l'altro sul ring, non piacquero mai come persone.

“Era uno dei più arroganti e maleducati figli di pu.....a che ho conosciuto in vita mia" ripeteva sempre Carmen.

Fu eletto per la seconda volta "Fighter of The Year" ma le battaglie con Sugar Ray lo avevano prosciugato e fu messo Ko due volte di fila dal ben più potente Fullmer.

Cercò un'ultima chance per la corona dei Medi dopo aver vinto contro i forti Gaspar Ortega e Don Jordan, ma la sconfitta contro Paul Pender mise fine alla sua carriera.

Chiuse con un record di 56 vittorie (27 per ko), 16 sconfitte e 7 pareggi.

Al contrario di tanti colleghi del ring, Carmine dopo il ritiro se la passò bene, fu insegnante di educazione fisica al Liceo, lavorò in fabbriche di Birra, e poi diventò rappresentante per una ditta di salumi.

Era solare, allegro, spigliato, era famoso, ed ebbe successo nell'attività. Guidò e consigliò il nipote, Billy Backus, destinato a diventare anche lui un grande campione della nobile arte, nei pesi welter, dopo una carriera che come quella dello zio era stata inizialmente molto faticosa.

Nel 1990 lui ed il nipote, su suggerimento del grande giornalista Edward Brophy, fondarono proprio a Canatosta la International Boxing Hall of Fame, nella quale il grande pugile fu indotto di lì a poco, dopo essere sopravvissuto a diversi infarti. Il grande pugile morì nel 2012, a 85 anni.

Fosse vivo, oggi “The Upstate Onion Farmer” (soprannome che gli fu dato perché il padre lavorava come bracciante nei campi di cipolle di Syracuse) avrebbe compiuto 94 anni.

Le sue gesta sul ring invece, quelle rimarranno sempre senza tempo.


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