Diego e Pablito, vite parallele ed opposte dei “poeti del gol”

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Il seguente articolo e’ stato scritto per l’edizione primaverile della rivista bilingue PanoramItalia

di Nicola Sparano

La vita calcistica di Diego Armando Maradona e Paolo Rossi e' stata come una lunga corsa sulle montagne russe.

Il primo ha iniziato e proseguito dall'alto, poi e' precipitato. Il secondo ha fatto il cammino all'inverso: da presunto venduto ad eroe mondiale.

Entrambi sono stati figli prediletti del calcio, nati per segnare e stupire: Papa Francesco li ha giustamente definiti “poeti del pallone”. Tutti e due se ne sono andati in poco piu' di un mese nell'orribile 2020. El Pibe de Oro aveva 60 anni. Pablito 4 in piu'.

Maradona e' stato omaggiato in tutto il mondo, la sua fama era universale. Paolo Rossi non era celebre come Diego, ma ci e' andato vicino grazie al mondiale dell'82. 

Sia per l'argentino di Linus che l'italiano di Prato il 1976 fu l'anno del primo passo sull'erba verde del successo. Maradona aveva 16 anni quando comincio' a strabiliare con la maglia dell'Argentinos Juniors, 166 presenze e 116 gol in 5 anni. Rossi era un esile ventenne quando indosso' la maglia biancorossa del Lanerossi Vicenza, dove resto' dal 1976 al 1979, firmando 60 reti nelle 90 partite disputate.

Dieguito, che da piccolo era gia' diventato Pibe De Oro, anche da giovane era un leader, un trascinatore, un eccelso individualista che si accollava la squadra sulle spalle portando i compagni alla vittoria. Paolino - che sarebbe diventato Pablito soltanto nel mondiale argentino del 1978 - per lasciare il segno aveva bisogno di tutti i compagni: era un bracconiere del gol, l'area era il suo terreno di caccia: se non c'erano conigli (palloni giocabili) il suo carniere restava vuoto.

Fisicamente non erano giganti, Maradona era alto 1,65, Rossi 1,78. Diego era un bassotto dal baricentro basso che, palla incollata sul sinistro, zigzagava come un'anguilla tra i marcantoni delle difese avversarie. Rossi, era altino ma esile, non usava la forza per farsi largo, puntava sull'istinto che gli diceva dove la palla sarebbe andata e sulla velocita' di esecuzione per battere a rete.

Due stili, due modi di giocare diversi, entrambi finalizzati al gol. Maradona in carriera ha segnato 259 reti in 491 partite ufficiali dei club nei quali ha militato, 34 gol li ha realizati per l'Argentina. Rossi in gol c'e' andato 103 volte in 251 partite, 20 in nazionale. Una produzione eccezionale visto che di quei tempi si scendeva in campo all'insegna di “prima non prenderle”, il catenaccio era un must, c'era il libero e le marcature (ferree) erano strettamente ad uomo. Allora si praticava un gioco deciso, duro a volte durissimo ma generalmente leale: i giocatori davano e ricevevano senza i piagnistei e le sceneggiate di oggi.

Maradona pianse il 23 ottobre del 1983 quando era nel Barcellona e Goikoetexea, con una entrata da galera, gli spezzo' la caviglia sinistra in tre parti. Rossi non e' stato vittima di difensori macellai, ma del suo stesso fisico reso piu' fragile dallo sviluppo: aveva 16 anni quando fu operato la prima volta al menisco, poi andra' altre due volte sotto i ferri. Gli infortuni misero soltanto in pausa le loro carriere che decollarono raggiungendo livelli di rendimento, e di successo.

El Pibe de Oro ha firmato due gol che sono entrati nella storia del mondiale: contro l'Inghilterra nel 1986 uso' la Mano de Dios per “punire” l'Inghilterra che poi umilio' con un gol “coast-to-cost” ritenuto il piu' bello di sempre. Pablito realizzo' la sua prima rete in nazionale a Mar del Plata, contro la Francia, nel mondiale del 1978: fu una carambola cosenguente ad una traversa che lo consacro' rapinatore dell'area.

Maradona aveva 18 anni quando l'Argentina ospito' il mondiale del 1978, il Ct Menotti non lo reputo' maturo abbastanza per la “celeste”, lo escluse dalla rosa che poi avrebbe vinto il titolo (con qualche aiutino contro il Peru' e nella finale con l'Olanda) e Maradona pianse per la delusione. Rossi aveva 16 anni quando fu preso la prima volta dalla Juve nel 1973, ma in due anni subi' tre operazioni alle ginocchia che misero a rischio il suo futuro.

“Maradona e' piu' forte di Pele', ci hanno fatto il mazzo tanto per l'ave'”, cantarono a Napoli il 5 luglio del 1984 quando Ferlaino si sveno' (13 miliardi di vecchie lire) per portare Diego in azzurro. Rossi torno' alla Juve nel 1981, Boniperti scommise su di lui che ancora doveva finire di scontare la squalifica del calcio-scommesse.

Sia Ferlaino che Boniperti vinsero alla grande le rispettive scommesse. Maradona fece conoscere Napoli e il Napoli in tutto il mondo, stravolse gli equilibri del calcio italiano portando al sud la capitale del calcio. La sua importanza sociale fu enorme: nessuna squadra del sud aveva mai vinto uno scudetto e il Napoli fu il primo club a battere le ricche società del nord.

Paolo Rossi e' stato il “Re dei Bomber”. Un titolo onorifico meritato grazie al suo curriculum. In carriera ha vinto due scudetti, una Supercoppa Uefa, una Coppa delle Coppe e una Coppa Campioni, l'unica presente nella sala dei trionfi bianconeri.

El Pibe de Oro non ha mai messo le mani sul Pallone d'Oro perche' ai suoi tempi si assegnava soltanto ai calciatori nati in Europa, poi l'Uefa lo ha premiato con un Pallone d'oro alla carriera. Pablito vinse il prestigioso trofeo dopo la magica estate spagnola dell'82 quando contribui' alla storica, inaspettata ma meritata, vittoria dell'Italia, realizzando piu' gol di tutti (6).

I punti piu' bassi della carriera di Maradona nel 1991 e nel 1994, entrambi dopo positivita' all'esame antidoping. Rossi compromise la sua carriera nel 1980 quando fu coinvolto nello scandalo per partite truccate.

Maradona fu trovato positivo alla cocaina, e squalificato per 15 mesi, dopo un Napoli-Bari, e lascio' l'Italia per la Spagna. Era il 1991, il Pibe De Oro stava pagando in campo gli stravizi di festini con donne e droga. Nel 1994, l'anno dei mondiali americani, Maradona mise la testa a posto, almeno di provo'.

Dopo due mesi di sfiancanti allenamenti El Pibe De Oro arrivo' tirato a lucido ai mondiali USA e segno' un gran gol alla Grecia. In quella circostanza scatto' la seconda trappola, fu trovato positivo ad una sostanza dimagrante che era legale in tutto il mondo, eccetto negli Stati Uniti.

Paolo Rossi e le scommesse. Negli anni fine 70 in Serie A si scommetteva alla grande, illegalmente. Molti calciatori si facevano corrompere con mazzette di 10/15 milioni di lire per aggiustare risultati. Il 23 marzo del 1980 scatta il blitz dei carabinieri, in manette finisce il presidente del Milan e 12 calciatori. Sei giorni dopo anche Rossi, allora attaccante del Perugia, entra nella pagina piu' squallida del calcio italiano. Sara' squalificato due anni per aver accettato di aggiustare il pari con il Foggia in cambio di due gol. Lui ha sempre negato l'accusa.

Dopo il colpo basso americano, Maradona torna in Argentina e gioca, nel 1997, le ultime partite nel Boca. Poi chiude la sua incredibile e controversa carriera da calciatore e comincia la sua definitiva discesa nel baratro della droga e degli stravizi.

Nel luglio del 1980 Paolo Rossi ha davanti due anni senza squadra e senza stipendio. Non puo' giocare nel calcio vero, quindi prova in quello indoor americano che non cade sotto la giurisdizione dell'Uefa. A Buffalo ci sono gli Stallions, squadra allenata dall'ex juventino Adolfo Gori. Rossi scende in campo sul tappeto che ricopre il ghiaccio dell'hockey, ci mette poco a capire che l'indoor non fa per lui e torna in patria dove poco dopo lo chiama Boniperti per offrirgli la chance Juve e aprirgli la porta della nazionale. Per Rossi l'estate dell'82 e' la stagione della resurrezione, dall'inferno al paradiso in tre partite: tre gol a Brasile, due alla Polonia, una alla Germania nella finale che cosegno' all'Italia il titolo mondiale, il primo dopo il 1938.

Quell'11 luglio del 1982, quando gli Azzurri divennero campioni del mondo, ci fu un risveglio globale dell'italianita', anche in patria, ma soprattutto all'estero ovunque la nostra gente aveva dovuto combattere contro pregiudizi e stereotipi per dare ai figli un avvenire migliore.

Per la prima volta in Canada gli italiani gridarono apertamente di essere orgogliosi delle loro radici, della loro storia, della loro cultura, della gioia di vivere. Fu un gioco, il calcio, che risveglio' il sentimento di italianita'.

A Toronto, Montreal e Vancouver, la festa fu grandissima, come testimoniano la storiche foto di strade strapiene, traboccanti di Tricolori. Fu una spontanea e oceanica esplosione di italianita' che coinvolse anche la seconda e terza generazione, figli e nipoti di gente sbarcata al Pier 21, tutti a gridare: “We are number One”. 

Tutto questo, per merito di Paolo Rossi, il simbolo dell'italianita' che vince, del quale pero', in Canada, non e' rimasta traccia fisica.

Mentre a Napoli hanno reso immortale Maradona, ribattezzando con il suo nome il San Paolo, a Toronto non c'e' nulla per ricordare Pablito. 

Che bello sarebbe se nelle tre citta' canadesi con maggiore concentrazione di italiani qualcuno rendesse immortale Paolo Rossi e ricordasse l'11 luglio 1982, il giorno in cui gli italiani del Canada si sfogarono gridando orgogliosamente: We are numero Uno.

Basterebbero tre modeste targhe, da porre a St. Clair, nella Petite Italie di Montreal e nel Commercial Drive di Vacouver, per ricordare a chi passa quel grande, storico trionfo.

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