Italia-Haiti, Giorgione e l'ombrello a Valcareggi

Giorgio Chinaglia, Roberto Iarusci e Johan Cruyff  durante una partita New York Cosmos-Washington Diplomats

Giorgio Chinaglia, Roberto Iarusci e Johan Cruyff durante una partita New York Cosmos-Washington Diplomats

TORONTO, estate 1976 - “Non mi sono mai pentito di aver fatto il gesto dell'ombrello a Valcareggi” mi confido' la buonanima di Giorgio Chinaglia la prima volta che venne a Toronto con i Cosmos. La conferenza stampa si tenne in un ristorante all'angolo di Eglinton e Dufferin. Giorgione, che fumava come un turco, era rimasto senza sigarette e mi chiese se potevo provvedere. Fuori dal ristorante c'erano molti tifosi, tra questi il compianto Italo Santarelli. Gli dissi della richiesta di Chinaglia assicurandogli che sarebbe entrato se portava un pacchetto di Malboro.

Italo torno' con due cartoni e fece amicizia con Giorgione che poi frequento' per anni. Fu anche suo ospite a Roma quando il bomber era presidente della Lazio (1983).

Chinaglia mando' Valcareggi a quel paese, in diretta mondovisione, dopo la sua sostituzione nella partita inaugurale del mondiale 1974, Italia-Haiti (3-1).

In quel match Dino Zoff subi' il primo gol dopo una imbattibilita' di 1.143 minuti.

Gianni Rivera pareggio' ad inezio di ripresa, poi gli Azzurri passarono in vantaggio grazie ad un'autorete. A questo punto il Ct Valcareggi decide di sostituire Chinaglia con Anastasi che poi realizzo' il gol del 3-1 finale.

Giorgione nell'uscire gli fece il gesto dell'ombrello al Ct che quattro anni prima aveva umiliato Gianni Rivera concedendogli i famosi 8 minuti nella finale contro il Brasile.

“Ero incazzato nero – racconto' Giorgione - eravamo in vantaggio ed io non stavo giocando male, percio' me la presi tanto. Poi ho capito che fui “sacrificato” dalla cricca dei nordisti che non volevano un laziale in squadra. Quell'avventura mondiale fini' male anche per loro, tutti o quasi cotti al punto da non reggersi in pedi”.

Oltre a queste confidenze off the record, che pubblico a otto dalla scomparsa del bomber, Chianglia mi confermo' di aver abbandonato la Lazio e l'Italia perche' la sua famiglia era a rischio di rapimento da parte delle Brigate Rosse.

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