Ricordi del passato: La polverina magica di nonno Mangiapanello nella “lenza” di Selinunte
Una veduta di una spiaggia di Selinunte
di Pietro Ferrante
Agli inizi degli anni '70 mi capitava spesso di andare a trovare mio nonno acquisito (in realtà era il nonno di mia moglie, allora mia fidanzatina).
Si chiamava Diego Mangiapanello, aveva acquistato negli anni prebellici (seconda guerra mondiale) una "lenza" (cioè una striscia) di terreno a Triscina, allora zona desertica costiera tra Marinella Selinunte e Tre Fontane (Castelvetrano, Trapani).
Mi raccontava spesso, il nonno, di aver comprato quel lungo e stretto lotto di terreno sabbioso con annesso un magazzino rurale mezzo diroccato, pagandolo con i risparmi di una vita custoditi in un "fazzuletteddu di sita" (un fazzolettino di seta) con cui si presentò dal Notaio per procedere all'acquisto della desiderata “rina” (cioè la terra sabbiosa di quel luogo).
Così nonno Diego era diventato proprietario di questa bellissima striscia di terreno che si estendeva dalla strada sterrata fino alle altissime dune di sabbia a ridosso di un mare tra i più belli del mondo.
Andavo spesso a trovarlo in quel paradiso terrestre, dove non c'erano case, nè auto, nè moto, nè tecnologie di alcun genere, ma solo e semplicemente una natura sfavillante di colori, di sapori, di profumi, di silenzi.
In quella "lenza" nonno Diego aveva piantato pomodorini piccoli e rotondi, dolcissimi, vigneti che producevano un'uva dolcissima dagli acini piccolissimi da cui egli stesso produceva un vino che era un vero nettare.
C'erano cedri, limoni, fichi, fichi d'india.
L'acqua arrivava per caduta da un pozzo artesiano che aveva scavato a monte e dal quale si dipartiva un lungo tubo nero che riforniva il magazzino e che serviva per bere ed irrigare le piante.
Insomma un indescrivibile trionfo della natura, un vero paradiso terrestre.
Dietro le immense dune di sabbia che si scalavano con qualche difficoltà, si affacciava un mare limpido e cristallino, dai colori sgargianti del verde, del cobalto, dell'azzurro.
Era un luogo da sogno!
E quando andavo dal nonno, lui felice perchè gli facevo compagnia e me ne stavo lì anche per due o tre giorni, mi sembrava di fare un tuffo in una dimensione soprannaturale.
Era organizzatissimo, come tutti gli uomini di campagna, aveva due cani, parecchi gatti e quando si faceva l'ora del pranzo, usciva fuori dalla sua credenza vecchia e malandata, un barattolino: "Ora ti preparo un piatto di spaghetti con questa polverina magica" mi diceva pieno d'orgoglio e sicuro di sè.
Quella polverina era un miscuglio indicibile di erbe tritate, con aggiunta di aglio tritato, timo, rosmarino, prezzemolo, salvia, insomma erbe aromatiche di ogni genere, e poi spezie e basilico.
Gli spaghetti erano una delizia, ne mangiavamo a volontà, facendo spesso il bis ed innaffiando il tutto con un bel bicchiere di vino nzolia.
Poi ci si sedeva sotto un cedro a raccontarci le nostre impressioni.
Nel pomeriggio, dopo una pausa – pennichella, ci dedicavamo alla pulizia del giardino, alla piantumazione di nuove semine e all’irrigazione delle piante.
La sera, appena faceva buio ci sedevamo attorno al lungo tavolo di legno che aveva costruito con le sue mani, si cenava con una bella insalata di pomodori, cipolle e olive, pane di casa buonissimo e il solito bicchiere di nzolia.
Poi nel buio assoluto della sera, tra il frinire delle cicale e l'abbaiare dei cani, al lume di una fioca candela o di un lume a petrolio, programmavamo la gita del giorno dopo alla Gaggera per una bella zabbinata dai pastori amici suoi. Era un'alzataccia quando ancora il sole stava per sorgere, ma ne valeva proprio la pena.
Ci facevamo un paio di km a piedi sul bagnasciuga per arrivare alla meta agognata: la fattoria dei pastori che stavano mescolando il siero squisito del latte di pecora.
Dopo aver fatto quella bella ed abbondante colazione si ritornava indietro ripetendo i rituali del giorno prima.
Difficile per me dimenticare quei meravigliosi anni della mia giovinezza nella Triscina bella e selvaggia di Nonno Diego!