Rivera, quei sei minuti di Italia-Brasile non li ho digeriti

Gianni Rivera intervistato nell’ufficio di Alberto Di Giovanni nella sede del Cntro Scuola e Cultura

Gianni Rivera intervistato nell’ufficio di Alberto Di Giovanni nella sede del Cntro Scuola e Cultura


Toronto, estate 1988. “Non so se poteva finire diversamente se avessi giocato dall'inizio, certo gli otto minuti finali li presi come uno schiaffo, una umiliazione, anche perche' molti dei titolari di quell'Italia erano cotti dalla fatica e dall'altura” .

Questa frase di Gianni Rivera confidata off the record e' di Gianni Rivera, deputato europeo in carica, ex Golden Boy del calcio italiano e bandiera del Milano, venne a Toronto 18 anni dopo la finale del 1970, Brasile-Italia 4-1, per incontrare gli studenti del Centro Scuola e Cultura di Alberto Di Giovanni.

Rivera, dopo l'intervista diciamo di prammatica, sfioro' anche quella famosa finale ed il fatto che Berlusconi lo vedesse come il fumo negli occhi, ma mi fece promettere che non avrei pubblicato le confidenze. Oggi, dopo 32 anni, rompo la promessa per essere ormai fuori tempo massimo.

“Segnai il gol del 4-3 alla Germania, eppure sui giornali mi misero in croce per non aver essere stato bravo nella fase difensiva. Me la presi, mi sentii offeso dalla critiche, ma pensai che mi sarei rifatto nella finale contro il Brasile. Invece ando' come ando' e i famosi sei minuti li ho ancora sullo stomaco”.

“ Berlusconi non mi ha mai perdonato di aver scelto la sinistra invece che la sua destra. Mi consola il fatto che tutti i milanisti ancora mi onorano e mi rispettono per quello che ho fatto per il Milan”.
Il mitico Rivera ricorda con orgoglio i suoi due assist a Jose Altafini nella finale della Coppa Campioni 1962-6.

“Giocammo al Wembley di Londra, titto gremito Di fronte avevamo il Benfica del grande nde Eusebio. Fu proprio lui che porto' il Benfica in vantaggio anel primo tempo. Nella ripresa, pero', cominciammo a dominare noi e in 25 minuti capovolgiamo il risultato. Ricordo ancora che una mia conclusione dal limite non e' trattenuta dal portiere e per Jose fu facile isaccare”.

“Il mio secondo asstist fu miliore, piu' importante. conquistai il pallone a centrocampo e lancia in profondità Altafini: il grande José in un primo momento si fece ipnotizzare dal portiere portoghese, ma poi non sbaglio' sulla ribattuta: 2-1 per noi e la Coppa ce la portammo a Milano”.

Il quel mitico Milan c'erano Gianni Rivera, giovanissimo fuoriclasse capace di colpi incredibili, il bomber José Altafini, talenti come Dino Sani, Gino Pivatelli e Bruno Mora. In fase difensiva, davanti all’affidabile portiere Giorgio Ghezzi, il capitano Cesare Maldini è accompagnato da Mario David, Victor Benitez, Mario Trebbi e Giovanni Trapattoni.

Fu la squadra a volere fuori Rivera

Alla vigilia della finale, una delegazione maggioritaria della squadra chiede a Valcareggi l’esclusione di Rivera; non è vero invece, come qualcuno ipotizzerà, che Mazzola imponga a Valcareggi un aut aut (o io o lui, ma a tempo pieno). In campo vanno i soliti undici, poi nell’intervallo Valcareggi, esattamente come aveva preannunciato Mandelli, rinuncia alla “staffetta”, rincuorato dal pari. E quando Bertini dovrà uscire per infortunio, preferirà Juliano a Rivera. Cui riserverà invece la beffa dei sei minuti finali, l’autentico “cuore” del giallo mondiale 1970.

Come spiegarli? «Ho rinviato di minuto in minuto l’inserimento di Rivera» spiegherà il Valcareggi «perché avevo non solo Bertini con un leggero stiramento inguinale, ma anche Cera che stava male. Se avessi anticipato il secondo cambio, avrei rischiato di restare in dieci». Quanto al momento scelto per coinvolgere Rivera nella sconfitta, dirà di non essersi accorto che mancasse così poco alla fine. Giustificazioni poco credibili, di fronte all’evidenza di una decisione già presa, per “punire” Rivera. La ribellione del Gianni nazionale non era stata digerita, la volontà di escluderlo da un eventuale successo (che il pari a metà tempo autorizzava a considerare possibile) giocò un brutto scherzo, innanzitutto alla credibilità dello staff azzurro.

Pelé ringrazia sentitamente per l’assenza di uno degli uomini di maggior classe, mentre in Italia succede il finimondo. Da giorni la polemica tra “riveriani” e “mazzoliani” è accesissima, alimentata dai giornali. Quando l’aereo degli azzurri sbarca trionfalmente a Fiumicino, migliaia di tifosi travolgono il servizio d’ordine invadendo la pista. «W Rivera, Mandelli in galera» è uno dei più pittoreschi slogan.


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