Telese, quando i figli della guerra scorrazavano nei Bagni e nei “pulveri”
di Nicola Sparano
“Il Servizio di Forestazione della Provincia di Benevento ha in corso i lavori di messa in sicurezza e manutenzione straordinaria della pineta di Monte Pugliano a Telese Terme”.
Inizia cosi' un articolo letto via Internet e che mi ha riportato ai tempi in cui i figli della guerra telesini avevano ancora i calzoni corti.
Erano gli Anni 50 quando Telese si chiamava soltanto Telese.
Allora nei “Bagni” si trovavano ancora le munizioni vive dei moschetti tedeschi che avevano per polvere strani filamenti gialli.
I “Bagni” erano le Terme Minieri le cui miracolose acque solfuree attiravano in Paese chi aveva sfoghi sulla pelle e problemi muscolari.
Per noi figli della guerra, nati nel '43 sotto le bombe americane, i Bagni erano il paese della cuccagna, un parco giochi infinito e senza regole.
Vi giocavamo a cowboys e indiani, dalla parte del “cerro” c'era una stalla mezza diroccata sul cui frontespizio di leggeva ancora una frase inneggiante a Mussolini
Nei Bagni, vicino alla zona di imbottigliamento, c'era una altissima pianta di datteri che lasciava cadere i piccoli frutti soltanto se il grappolo era centrato da una sassata.
Era piu' facile con le pigne.
I pini cresciuti di fronte ai Goccioloni erano meno alti e piu' a tiro.
Poi era un gioco da ragazzi raccogliere le pigne, aprirle, spaccare i frutti e banchettare sui pinoli.
Banchettare per modo di dire, l'appetito di un adolescente, specialmente allora, era un pozzo senza fondo.
Andava meglio con le “sciuscelle”.
Appena dietro la “mofeta” dove molti uccelli ci rimettevano le penne – la battuta e' d'obbligo - per le esalazioni solfuree, c'era una pianta di carrubo.
Le sciuscelle una volta erano considerate la cioccolata dei poveri anche se erano destinate ad asini e cavalli.
A Telese si trovavano mischiate al mangime dei quadrupedi nel sacco all'ingresso del negozio di alimentari di fronte al pallaio (campo di bocce, si giocava senza regole) di Scialone.
In quel sacco affondavamo le mani rubacchiando qualche sciuscella mentre 'zi Carminuccio faceva finta di non vedere.
Sulla pianta di carrubo dietro le terme, se nessuno aveva giocato di anticipo, le sciuscelle mature sembravano tanti faggiolini extralarge di colore bruno-cioccolata.
Una decina erano digeribili semi inclusi, di piu' intasavano le budella e provocavano la haharella.
Quella pianta di carrubo era il confine tra il permesso ed il vietato.
Giocare nei Bagni era accettato dalle mamme, sconfinare sul Monte Pugliano non era ammesso.
Il cosiddetto Monte Pugliano era una collinetta alta non piu' di duecento metri, insignificante non fosse stato per aver salvato gli uomini di Telese dai tedeschi, per la presenza dei “pulveri”, per la caccia ai tordi e per i resti fortificazioni erette dai Sanniti in guerra contro Roma.
L'altura era una specie di mini giungla, con immensi cespugli spinosi, impentreabili al punto che gli uomini del paese vi si erano rifugiati per sfuggire ai tedeschi quando, nel '43, le SS cercavano mano d'opera per i forni crematori.
Per le mamme quella collina era un mondo inesplorato e pericoloso.
Per noi ragazzi era una specie di test da superare per passare dalla fanciullezza all'adolescenza.
Ed eccoci alla Pineta.
Non era grandissima, a quanto ricordo saranno state non piu' di cento piante posizionate a terrazzo.
In quel posto la collina era spoglia, alcuni dicevano per gli incendi appiccati dai soldati tedeschi per scovare gli scappati.
Subito dopo la guerra si decise di rimboscare la zona, anche per creare lavoro, e si piantarono alcuni filari di pini.
Quelle conifere sempreverdi in pochi anni crearono una specie di ombrello-galleria dove si era al riparo dalla calura, luogo perfetto per i primi incontri ravvicinati tra ragazzini e ragazzine.
In quella Pineta, io personalmente di persona, presi una delle decisioni piu' importanti della vitaccia mia.
Era luglio 1971.
Era la prima volta che tornavo al paese.
Sentivo parlare i mei, ascoltavo gli amici con i quali ero cresciuto ed avevo la sensazione di non capire cosa dicessero, le parole erano ok, il senso no.
Un sera andai nella pineta, vi restai tutta la notte a riflettere.
Quando rientrai avevo deciso che in Italia ci sarei tornato soltanto per le vacanze.
E' da quella volta che ho virtualmente perso la battaglia per la mia identita' e che continuo a vivere con due piedi in una scarpa, senza rimpianti ma con l'interrogativo: e se...?
Costeggiando la pineta si scollivana passando dietro la casa del Minieri “Muto”, se ricordo bene si chiamava Eduardo, dove ora si sono inventati Acquapetra.
Sulla resort extralusso una volta volavano i “marvizzi”, cioe' i tordi.
Nei sentieri dove ora fanno trekking – grande inziativa – una volta crescevano funghi ernormi come cappelli di prete di quelli a tesa larga.
In quei tempi si andava in cerca di chiodini o dei cosiddetti “muccusi”.
Questi funghi extra large venivano considerati con sospetto e presi a calci.
Forse erano porcini..., guardando indietro ricordo che ne ho calpestato parecchi mentre facevo da...cane a Don Antonio.
Nel cielo di quella spianata transitava la rotta dei tordi che, dopo essere andati a banchettare sugli ulivi della Piana, tornavano a dormire nei rovi del Pugliano.
Su quella rotta erano appostate le piu' micidiali doppiette del paese: Peppe “a Riccia” Di Santo, Leopoldo Di Mezza, Giovanni Zotti, Nicola Di Santo, Maurino Di Mezza e anche mio padre Don Antonio l'Assistente.
Chi piu' e chi meno erano tiratori eccezionali. Un tordo che sfreccia spinto dalla “voria” (vento) a 30-40 metri d'altezza e' un bersaglio piccolo e difficile. Pure quasi tutti ci lasciano le penne, e quando qualcuno se la scampa la colpa e' sempre della cartuccia mal calibrata mai del tiratore.
I cacciatori di Telese erano, come dire?, sportivi che usavano le doppiette, due colpi e basta.
Poi arrivarono i “toscani” con i fucili automatici a cinque colpi che facevano stragi di fringuelli e canarini (alle allodole ci pensavano gli sparatori locali che sulla Piana utilizzavano gli specchietti per attirare i volatili).
Oggi, deduco, che tordi e canarini non rischiano di essere fulminati in volo.
Sul Monte Pugliano non si spara, ma si corre, si cammina e si pedala.
Il sentiero attraversa boschi rigogliosi e costeggia un qualcosa che in Italia esiste solto nel Carso.
Si tratta di ampie e profonde voragini, simili a crateri o bocche di vulcano, che i vecchi telesini hanno sempre definito “Pulveri”o “Puri” (nel Carso sono conosciute come “Doline”).
Immaginate la luna con i suoi crateri, ecco quella zona del Monte Pugliano e' come un paesagio lunare con vegetazione folta e rigogliosa.
I “pulveri” sono nati, stando agli studiosi, per lo sprondamento di caverne all'interno della montagna.
Molti di questi avvallamenti sono conseguenza del catastrofico terremoto del 1349 (28 anni dopo la morte di Dante) che diede origine anche alle acque solfuree.
In quel luogo di suggestione quasi lunare esistono una trentina di Puri, 10 di essi di notevoli dimensioni.
Il Puro Grande, o Puro delle Mele, è largo 250 metri e presenta un dislivello di circa 100 metri rispetto al piano di superficie.
Il Puro Piccolo, o Dolina Profonda, è l’unico visitabile, ha un dislivello di circa 80 m. e uno stretto sentiero, realizzato lungo i fianchi della dolina, permette al visitatore di raggiungere il piano basale.
Quando si andava a caccia da quelle parti – io sempre nella parte del cane – nei puri si faceva la posta alle volpi.
Un giorno era appostato con mio padre e 'zi Nicola.
Dopo quello a che a sembro' una eternita', quando vidi spuntare la volpe gridai: “Ailla', eccola”.
Naturalmente la bestiola se la squaglio' prima che potessero spararle.
Non vi dico quante me ne dissero, fortuna che di quei tempi ai ragazzi non si sparava.
Il Monte Pugliano, per quanto minuscolo fosse, pure fu un bastione invalicabile, fortificato dai Sanniti quando si azzuffavano con i Romani.
La collina, inoltre, e' stata abitata fin da chissa'quanto.
La scoperta di una capanna-ovile di epoca preistorica dimostra che i telesini, come minimo, hanno il merito di aver inventato il formaggio prima ancora che Cusano Mutri fosse fondato.
POST SCRIPTIUM: anche il Lago di Delese e' una dolina di origine vulcanica.