Trasumanza, in Germania la onorano, in Italia la riscoprono
In alto, Pascolo estivo a Campo Imperatore (Foto Antonio Bini); Manifesti della mostra di Herbert Grabe in svolgimento in Germania;
La civilta' pastorale propria dell’Abruzzo
Caro Odoardo, immaginavo che l’articolo e le foto avrebbero suscitato i tuoi ricordi. Nella tua prima infanzia la transumanza doveva essere ancora consistente. Io, nato a Vasto Marina, ricordo le greggi prendere la spiaggia. Fino al 1960. Ho volutamente fatto il richiamo a Stern (diffusissimo settimanale tedesco, insieme a Der Spiegel) proprio per il fascino con cui è descritta la transumanza e quel poco che resta. Ma in Abruzzo, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, nessuno vuol sentire parlare di pastori e di pecore, motivo di dileggio per gli abruzzesi. Negli ultimi anni sta cambiando qualcosa a l’interesse per il recupero della civiltà pastorale si sta risvegliando. Le tracce sono tante. Ti farò piacere rivedere un particolare della Chiesta del Casale, all’inizio dell’altipiano delle Cinque Miglia, in cui sono presenti tracce di viandanti e pastori.
Ho apportato qualche piccolissima integrazione rispetto all’articolo pubblicato su Abruzzo nel Mondo, con qualche cenno che aiuti a comprendere cos’era la transumanza. Oltre ai due manifesti dell’evento ritengo opportuno inviarti alcuni miei scatti a colori sui luoghi della transumanza per dare un’idea più ampia.
Allego:
2 Manifesti della mostra di Herbert Grabe in svolgimento in Germania;
Pascolo estivo a Campo Imperatore (foto Antonio Bini)
Un caro saluto a te e al tuo amico Nicola, Antonio
Trasumanza, mostra fotografica in Germania
di Antonio Bini (direttore editoriale Abruzzo nel Mondo)
Fino all’8 maggio 1922, nel Museo di Storia Forestale di St. Oswald, nel Parco Nazionale della Foresta Bavarese (Nationalpark Bayerischer Wald), è possibile visitare la mostra fotografica di Herbert Grabe intitolata TRANSUMANZA: Volti e paesaggi della pastorizia in Abruzzo”.
La singolare mostra comprende 70 foto, tutte rigorosamente in b/n; alcune nuove rispetto alla precedente esposizione inaugurata nell’autunno 2019 a Regensburg. Herbert Grabe, fotografo, artista e viaggiatore, da anni conosce e si muove con grande familiarità tra le montagne abruzzesi, rimanendo particolarmente affascinato da quello che rimane della millenaria civiltà della transumanza, che consisteva nell’annuale trasferimento delle greggi dai monti dell’Abruzzo alla Puglia, verso l’immensa piana del Tavoliere, all’inizio dell’autunno – attraverso i regi tratturi – larghi sentieri erbosi, con il ritorno nei luoghi di provenienza nel mese di maggio. Il passaggio delle greggi ispirò a fine ‘800 la poesia di d’Annunzio “I pastori”, con i versi iniziali “Settembre andiamo, è tempo di migrare”, tra i più noti della letteratura italiana.
Dal booklet della mostra – un opuscolo di piccolo formato di 46 pagine – è possibile cogliere il pensiero che ha ispirato Grabe, laddove si spiega come “ancora oggi, sulle montagne abruzzesi, non sono poche le persone che lavorano in condizioni che sono sempre state dettate dalla natura e dalla tradizione. In molti luoghi troviamo storie commoventi, spesso straordinarie, di pastori e delle loro famiglie. La pastorizia non ha lasciato solo tracce sociali. La morfologia del terreno mostra molti vecchi modelli creati nel corso dei secoli dalla transumanza. Anche la letteratura, la musica, l'artigianato e i costumi conservano l'eredità della cultura pastorale”. Impressioni che – come si intuisce – vanno ben oltre la superficie. Viene colto il declino che da tempo caratterizza la pastorizia per cui “sta diminuendo il numero di coloro che vogliono fare questo lavoro duro e deprimente, che peraltro non ha mai avuto una buona reputazione (si allude al dileggio cui i pastori transumanti erano fatti segno in passato, anche da parte dei contadini), soprattutto tra le famiglie ancestrali.
Eppure si nota una controtendenza: persone che spesso sono arrivate alla pastorizia attraverso deviazioni, si sostentano con le pecore. E ci sono imprenditori intelligenti ed economicamente preparati che in Abruzzo allevano con successo pecore, producono formaggi, vendono carne di agnello, salsicce e lana.
La maggior parte di loro gestisce fattorie biologiche e sono strettamente collegate con ristoranti e cooperative di servizi turistici nel turismo e impegnate nell'educazione ambientale.”
Tra le foto dei pastori ritroviamo volti divenuti sorprendente noti ad un pubblico più vasto di quello regionale, come ad esempio Nunzio Marcelli di Anversa degli Abruzzi e Gregorio Rotolo di Scanno, o come lo scomparso Paolino Sanelli di Decontra, Domenico Di Falco di Fara San Martino e Donato Mucciante di Castel del Monte, ma anche volti femminili. Tra questi, Angela (Angiolina) De Angelis di Caramanico, che compare nel manifesto della mostra.
Come mai questa scelta, chiediamo ad Herbert Grabe ?
“Angela (Angiolina) è una donna dotata di carisma ed è molto fotogenica. Ma significa soprattutto che la mia immagine di pastore non è solo quella legata al passato e quindi solo maschile. Ho sempre visto che le mogli dei pastori lavoravano a modo loro, anche se più in secondo piano. Oggi la situazione si presenta diversamente. Con gli esempi di Manuela Cozzi, Vittoria De Ortentiis, Alina Adriana Popa e Angiolina de Angelis (con la sorella), si può affermare che le donne hanno un loro ruolo, gestiscono imprese, e spesso fanno lavori che prima erano appannaggio degli uomini”
Da osservatore attento, Grabe sembra intravedere prospettive positive dall’accresciuta presenza femminile, che con un approccio più moderno, può concorrere a scongiurare il definitivo declino della pastorizia. Una tradizione esaltata, per rimanere in Germania, anche dall’autorevole settimanale Die Welt, con un sorprendente articolo del 17 ottobre 2019.
A parte suggestivi paesaggi e alcuni scatti riguardanti l’architettura pastorale, quello che colpisce della mostra è l’umanità dei pastori, i loro i volti fieri, segnati dalle fatiche e dalla vita all’aria aperta e, soprattutto, i loro sguardi profondi abilmente catturati da Grabe. Tra questi compare anche il volto di Giulio Petronio, lungimirante allevatore di Castel del Monte, scomparso nei giorni scorsi.
Dai loro sguardi sembra cogliersi qualcosa che attiene al passato e che portano a ripensare alle riflessioni di Ann MacDonnell - la quale durante il suo soggiorno in Abruzzo si interessò alla vita dei pastori transumanti - sostenendo che “gli abruzzesi non sono semplice gente della montagna: sono un’antichissima razza per niente affatto semplice. Essi hanno antiche ed inquiete memorie e dal passato provengo sopravvivenze e sogni che oggi non si possono facilmente capire” (In the Abruzzi, F.A. Stokes Company, New York, 1908, p. 290).
Forse la pensa così anche Herbert Grabe che, con la sua mostra, ha il merito di sollecitare verso una maggiore consapevolezza dei valori della civiltà pastorale ereditati dal passato, mentre a due anni dal riconoscimento UNESCO della transumanza, in Abruzzo non si registra ancora alcuna strategia complessiva di valorizzazione, pur in presenza di varie lodevoli iniziative locali. E’ inevitabile riprendere la rete di relazioni tra territori che un tempo univano, attraverso la transumanza, Abruzzo, Molise, Sannio e Puglia.