*America First or Last? Trump nel pallone
di Nicola Sparano
Visti tempi che corrono la seguente domanda e’ logica.
Che mondiale sara’ quello dell’anno che viene?
Indubbiamente sara’ al centro di una crisi diplomatica in corso il cui esito nessuno sembra in grado di prevedere.
Si preannuncia come il mondiale più complesso della storia, tra chiusure alle frontiere, dazi, fischi agli inni nazionali e arresti indiscriminati di immigrati.
Sara’ certamente diverso – 48 squadre impegnate in tre Paesi ai ferri corti tra di loro - e potenzialmente “aggiustabile”.
Aggiustabile peggio di quello che accadde nel 2002 in Corea.
Allora il presidente era quel venduto di Sepp Blatter che permise alla squadra di casa, la Corea, di rubare la partita con l’Italia e arrivare ai quarti di finale.
Oggi non c’e’ un presidente Fifa esageratamente corruttibile, ma c’e’ un presidente padrone di casa che ne sta combinando di tutti i colori.
E che sta prendendo il mondo per il collo al grido di America First.
America First economicamente militarmente politicamente geograficamente e quanto altro, eccetto il calcio, per ora.
Nel calcio, l’America non e’ First, ma quasi Last.
Il che non stara’ affatto bene al megalomane con la faccia color marmellata di albicocche.
Non e’ assurdo ipotizzare che ricorra a qualche trovata tipi dazi a raffica per aprire alla sua nazionale la strada alla finale e magari vincerla.
Direte, diciamo: neanche il tracontante millantatore puo’ arrivare a tanto, ma forse puo’, o almeno ci provera’.
Perche’ usera’ – come sta facendo ora - il bastone e la carota anche con i vertici della Fifa, gli arbitri, le squadre e i tifosi avversarie per portare Pulisic e compagni piu’ avanti possibile.
Possibile complotto quindi, poi ci sono le tariffe a complicare la partita.
Resta poco chiaro quanto le misure del superbo spaccone potrebbero influenzare un evento multinazionale che richiede coordinamento logistico e attraversamenti di frontiera fluidi.
Non è chiaro se di qui all’inizio del campionato continueranno ad impacchettare ed espellere quanti più stranieri irregolari possibili.
In questa caccia agli illegali sono stati arrestati e detenuti per ore e ore anche americani fatti e finiti per il semplice fatto di parlare spagnolo o di avere aspetti “esotici”, come per esempio i pellerossa che in America vivono secoli prima che i genitori di Trump vi arrivassero da emigranti, probabilmente senza permesso.
Quale garanzia che anche i tifosi stranieri – canadesi inclusi - non faranno la stessa fine, e in particolare i messicani che pure sono co-organizzatori?
A proposito di tifosi stranieri: nel 2016 Donald, prima aver ufficializzato la partecipazione degli Usa al mondiale del 2026 aveva dichiarato che non avrebbe permesso ai mussulmani di entrare nel paese.
Ora ha allargato il tiro: non potranno entrare i tifosi di paesi che a par suo sostengono il terrorismo.
Ipoteticamente sarebbero da cartellino rosso quasi tutti gli Stati Arabi, Iran, Iraq, Turchia, Pakistan, Afghanistan.
No, i russi no. Ed anche i coreani del Nord. Loro probabilmente sono da cartellino giallo (ammoniti non squalificati) perche’ Donald e’ pappa e ciccia con lo Zar Putin e con quel corpulento boss del paese che fece piangere l’Italia ai mondiali del 1966.
L’arrivo dei turisti stranieri e’ comunque un problema di domani, oggi bastano le tariffe in sé a creare scompiglio.
Significano infatti aumentare il costo di beni e servizi essenziali per il torneo, come materiali da costruzione, tecnologia e attrezzature, portando a maggiori spese per lo sviluppo delle infrastrutture e la pianificazione dell’evento.
Inoltre, le tariffe di ritorsione da parte di Canada e Messico potrebbero interrompere le catene di approvvigionamento, complicando ulteriormente la logistica e i preparativi.
Senza contare che molti articoli essenziali per eventi sportivi su larga scala, tra cui elettronica, attrezzature sportive e merchandising, vengono importati dalla Cina.
Prima del mondiale vero e proprio, questa estate gli Stati Uniti ospiteranno il mondiale per club.
Dal 18 giugno prossimo scenderanno in campo le italiane Inter e Juventus piu’ altre 30 squadre, almeno quattro o cinque delle quali appaiono nell’elenco dei paesi che, stando all’amministrazione americana, sponsorizzano il terrorismo, i cui supporters, dunque, non dovrebbero essere ammessi negli Stati Uniti.
A tutt’oggi il tracotante presidente non ha incluso il Canada tra i Paese da cartellino rosso, ma potrebbe farlo presto visto le bordate di fischi che The Star-Spangled Banner si prende nelle citta’ canadesi.
Se lo facesse i mei due nipoti (19 anni e 17) non potrebbero andare a vedere, come hanno programmato di fare, Juventus-Manchester City in programma ad Orlando il 25 giugno prossimo.
Stesse in me, non andrei a prescindere per fare fronte comune al boicottaggio anti-Usa cui dovremmo aderire tutti.
Go Canada go.