Chieti-Toronto-Torino le tappe del fenomeno Marchionne

Sergio Marchionne indossava giacca e cravatta soltanto in occasione speciali come quando incontrava il Papa.

Sergio Marchionne indossava giacca e cravatta soltanto in occasione speciali come quando incontrava il Papa.

by Arcibaldo

  Due anni fa moriva Sergio Marchionne in seguito a complicazioni di un serio intervento operatorio, aveva 66 anni.

Era   all'apice della fama per i traguardi raggiunti, il simbolo di un uomo celebre.

Come capita in questi casi  anche quelli che lo avevano criticato ed avversato durante la folgorante ascesa nel mondo industriale di colpo non lesinarono  elogi sperticati che in verita' lasciavano un po' a desiderare quanto a genuinita'.

Pochi furono i media  che stesero sulla morte un velo di umanita'.

Sergio era nato a Chieti nella incantevole valle del Pescara ricca di ulivi e di viti che producono il delizioso Montepulciano d' Abruzzo.

A 13 anni  emigro' a Toronto  con la famiglia guidata dal padre Concezio ex maresciallo dei carabinieri, uomo di grande integrita' morale che conobbi non appena arrivato a Toronto, al Corriere Canadese dove lavoravo.

Un giorno si presento' un signore distinto con sua figlia Luciana che cercava lavoro  mentre frequentava  l'universita' di York dove in breve tempo alla giovane eta' di 29 anni divenne ordinaria di letteratura italiana.

L'intervista mi convinse a suggerire al direttore del giornale di assumere immediatamente Luciana che sprizzava di ingegno acuto e di intelligenza eccezionale, una caratteristica peraltro del DNA della famiglia Marchionne.

  Come la sorella, Sergio  a scuola, brucio' le tappe infilando una dopo l'altra tre  lauree .

Dopo la prima  all'Universita` di Toronto, consequi la laurea di accountant all'Universita' di Windsor  e infine la laurea in legge alla Oosgode Hall di York University.

La  folgorante ascesa nel mondo finanziario iniziata a Toronto,  con un passaggio in Svizzera si concluse a Torino nel 2003 dove un anno dopo divenne CEO della FIAT che era sull'orlo del fallimento.

In pochi anni, superando la tremenda crisi del 2008 Sergio riusci non solo a salvare dal fallimento la Fiat che vivacchiava  di carita' dei vari governi italiani, ma riusci ad acquistare la Chrysler facendo del nuovo gruppo un polo automobilistico importante  in Nordamerica .

E divenne un fenomeno, anzi il fenomeno,  dell'industria automobilistica mondiale.

Sergio praticava la filosofia del lavoro duro ma sopratutto ebbe la intuizione dell'evoluzione del mercato mondiale dell'automobile che cozzava contro i difensori dello status quo.

In Italia rappresentava un modello inedito di imprenditore ed era il modello non la persona modesta, peraltro di basso profilo e mai alla ricerca del palcoscenico che dava fastidio specialmente agli addetti al lavoro  abituati al vecchio clientelismo per cui il governo   dava l'elemosina per tenere in vita un'industria moribonda ed i sindacati  stavano al gioco per dimostrare che   salvavano i  posti di lavoro che tuttavia  erano destinati a scomparire per i cambiamenti tecnologici in corso.

 Forgiato in Canada, di cui esprimeva il meglio dei valori di work ethic, dopo la morte Sergio per i media italiani divenne di colpo una “eccellenza” italiana, descritto variamente come “l'Italo canadese” che ha fatto fortuna in Italia. Come per dire: “Meno male che e' venuto in Italia”.

In effetti il mondo di Sergio ruotava intorno al suo impegno totale di lavoro.

La madre Maria che abitava a Toronto diceva che non poteva godersi il figlio perche' : “Viene  con l'aereo della compagnia per fare una breve visita  e chissa' quando avra' tempo di tornare”.

Quando era ancora vivo il papa Concezio e Sergio non era ancora al vertice della carriera ogni volta che poteva venire a Toronto amava passare serene serate con amici per godere la cucina di mamma Maria che  da istriana  era divenuta  esperta della piu' fine cucina abruzzese.

Dopo la morte il Canale TV CNBC lo defini “una leggenda dell'industria automobilistica”.

Il Finacial Times   lo considero' “uno dei piu' audaci business leaders della sua generazione”.

  Max Warburton, analista della banca  Bernstein che seguì Marchionne negli anni della Fca, scrisse: “Forse non è universalmente rispettato. Probabilmente lavorare con lui era un inferno. Ma nella comunità finanziaria è chiaro che molti di noi si sentono fortunati per aver potuto osservarlo al lavoro e privilegiati per aver potuto interagire con lui”.

E noi italocanadesi di Toronto siamo stati fortunati ad averlo tra di noi e privilegiati nel vederlo diventare una leggenda.


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