L'Eco dei Nostri Dialetti: Mi Ricordo, Filare la Nebbia, La Vita e' come un Cerchio-Viaggio Amarcord dall'Italia al Canada con i nostri poeti
Mi Ricordo, La Vita e' come un Cerchio, Filare la nebbia, sono tre splendide poesie inedite recitate al Columbus Centre nell'ambito dell'evento L'eco dei nostri Dialetti.
Allla ricostruzione in versi, o in prosa, del nostro passato c'erano 21 poeti degli oltre duecento che hanno inviato le loro esperienze di vita in versi.
L'Eco dei nostri Dialetti ha dimostrato che Toronto possiede una comunita' culturalmente viva e unita nella sua diversita'.
Daniela Sanzone, Gianna Patriarca, Bruna Di Giuseppe Bertoni, G
ianni Mignardi, Alfio Foti, Marisa Agostini e Bruno Magliocchetti – in collaborazione con Comites e Villa Charities - hanno creato un qualcosa che va continuato negli anni. Anche il Columbus Centre, come struttura, e come simbolo della nostra italianita' deve continuare ad esserci.
Coloro che hanno recitato lo hanno fatto nei dialetti dei loro pesi d'origine, dalla Sicilia, al Veneto, dalla Ciociaria alla Calabria, dal Molise...
La cadenza delle vecchie parlate e' stato come il fruscio di un ruscello in un letto pieno di sassi, roba da godere a prescindere se ne afferravi tutto il significato esatto.
Ecco le poesie recitate in diretta da Mary Alberton (Veneto), Allegra Marchesin, Angela Garofalo, Naomi De Gasperis, Grazia Piccolo. Mirella Marazzi ha recitato una composione molto bella e struggente scritta dalla compianta madre Maria Fabbro Moretti.
8. Allegra Marchesin - Veneto
Fiear el caigo
Ogni volta che torne in tel me paese e sente parlar el me diaeto me par de ‘ndar indrio nel temp.
L’e’ come tornar indrio parche’ ades nol sente pi. ‘Ndove che vive nesun parla cussi’: l’e’ el parlar de
me mama e de me papa’, dee me soree, dei me zii, dei me noni e de tanta zent che ho conosest e de
tanti che no i e’ pi’.
Son nasesta a Vitorio Veneto (Treviso) e quando che vee quatro ani se ven sposta’ a Coneian. Vitorio e
Coneian le e do posti poc distanti ma, come che sucede spes in Italia, le e diferenti. Vitorio la e soto e
montagne e da Vitorio se va a Beùn. I colori i e diversi, pi’ ruspeghi. Coneian la e in coina e se fa el
Proseco. Andando par la Strada dei Colli da Coneian a Vitorio se vede sol che vigne e l’e un spetacol. A
mi me par che a Coneian i colori sia diversi, pi’ deicati... Da noaltri in Veneto tuti parla el diaeto e ogni
paese l’ha el soo. Quando che me son sposada e son ‘ndata a vive a Padova, me ha toca’ imparar n’altro
diaeto.
Quando che ere picoea me mama e me papa’ i ha deciso che a mi i me dovea parlar in italian e no in
diaeto cussi’ vivee in te ‘na casa dove che tuti i se parlea in diaeto tra de lori ma co i parlea co mi i me
parlea in italian. La me fameia savea l’italian ma i me cugini lo parlea mal e dee volte i me disea dee
robe che non voea dir gnient. E cussi’ se ridea tuti. A mi me piasea tant el diaeto ma non podee parlarlo
cussi’ l’ho impara’ scoltando tuti staltri. Ancora ades pense che el diaeto non se insegna: se impara,
come a caminar e a parlar.
L’ultima volta che son stata a Coneian son ‘ndata parche’ l’era mort me papa’. Era ai primi de
novembre e mi era pi’ de vinti ani che non ‘ndee in quea stagion. Son ‘ndata tuti i ani ma sempre in
ista’ o in primavera; mai in novembre. Era ‘na roba che vee desmentega’: Coneian in novembre coi so
ultimi cari pieni de uva che va in cantina, i odori del mosto, dea uva baegada che taca a fermentar, ea
nebia matina e sera che cambia tute e distanse, i coeori... l’e tut come da drio un veo, pi’ distante,
sofega’.
Era cusi’ quando che ‘ndee a scoea in tea nebia de otobre e se cioea su’ e castagne mate par far e
coeane. Era cusi’ quando che ere na toseta e stee in cusina co me mama che ea fea da magnar e mi ea
scoltee intant che la me contea e storie de quando che la era zovena. E l’e cussi’ che ho impara’ cosa
che voea dir la guera, i bombardamenti, la fan dea pore zent, i fasisti, i tedeschi, i partigiani. Me mama
la cusinea coea finestra un fia’ verta par cambiar l’aria e mi pense che un fia’ de nebia la vegnea in cusina e la me fea sognar.
(Me nona quando che no la riusia pi’ a dormir parche’ la era vecia e de not la pensea a tute le robe dea so vita la me disea: “anca sta not no ho dormi’; tuta ea not a filar el caigo”.)
Filare la nebbia
Ogni volta che torno al mio paese e sento parlare il mio dialetto mi sembra di andare
indietro nel tempo. E’ come tornare indietro perchè adesso non lo sento più; dove vivo nessuno
parla così: è il parlare di mia mamma e di mio papà, delle mie sorelle, dei miei zii e dei miei
nonni e di tanta gente che ho conosciuto e di tanti che non ci sono più.
Sono nata a Vittorio Veneto (TV) e quando avevo quattro anni ci siamo spostati a Conegliano.
Vittorio Veneto e Conegliano sono due posti poco distanti ma, come succede spesso in Italia,
sono differenti. Vittorio Veneto è sotto le montagne e da lì si va a Belluno. I colori sono diversi,
piu’ selvatici. Conegliano è in collina e vi si fa il Prosecco. Andando per la « Strada dei Colli »
da Conegliano a Vittorio Veneto si vedono solo vigneti ed è uno spettacolo. A me sembra che a
Conegliano i colori siano diversi, più delicati...Da noi in Veneto tutti parlano il dialetto e ogni
paese ha il suo. Quando mi sono sposata e sono andata a vivere a Padovaho dovuto imparare un
altro dialetto.
Quando ero piccola mio papà e mia mamma hanno deciso che a me si doveva parlare in italiano
e non in dialetto, così vivevo in una casa dove tutti parlavano in dialetto tra loro ma quando si
rivolgevano a me parlavano in italiano. La mia famiglia sapeva l’italiano ma i miei cugini lo
parlavano male e a volte mi dicevano cose che non volevano dire niente. Così ridevamo tutti. A
me il dialetto piaceva tanto ma mi era vietato parlarlo, così l’ho imparato ascoltando tutti gli altri.
Ancora adesso penso che il dialetto non si insegni: si impari, come a camminare e a parlare.
L’ultima volta che sono stata a Conegliano era per la morte di mio papà. Erano i primi di
novembre ed era da più di venti anni che non andavo in quella stagione. Ci sono andata tutti gli
anni ma sempre d’estate o in primavera; mai in novembre. Era una cosa che avevo dimenticato:
Conegliano in novembre con i suoi ultimi carri carichi di uva che vanno in cantina, gli odori del
mosto, dell’uva calpestata che comincia a fermentare, la nebbia al mattino e alla sera che cambia
tutte le distanze, i colori... tutto come dietro a un velo, più distante, soffocato...
Era così quando andavo a scuola nella nebbia di ottobre e si raccoglievano le castagne matte per
farci le collane. Era così quando ero una bambina e stavo in cucina con mia mamma che faceva
da mangiare e io l’ascoltavo intanto che lei mi raccontava le storie di quando era giovane. Ed è
così che ho imparato cosa voleva dire la guerra, i bombardamenti, la fame della povera gente, i
fascisti, i tedeschi, i partigiani. Mia mamma cucinava con la finestra un po’ aperta per cambiare
l’aria e io penso che un po’ di nebbia entrasse in cucina e mi facesse sognare.
(Mia nonna quando non riusciva a dormire perchè era vecchia e di notte pensava a tutte le cose
della sua vita mi diceva : « Anche stanotte non ho dormito; tutta la notte a filare la nebbia »).
Spinning the Fog
Every time I return to my town and hear my dialect, it feels as though I am going back in time. It is like going back because I no longer hear it. Where I live now, nobody speaks this way. It is the language of my mother and father, of my sisters, of my aunts and uncles and grandparents, of the many people that I knew and the many that are no longer with us.
I was born in Vittorio Veneto (TV), and when I was four, we moved to Conegliano. Vittorio Veneto and Conegliano are not too distant from each other, but, as it often happens in Italy, are quite different. Vittorio Veneto is under the mountains, and from there you can go on to Belluno. The colours of the landscape are different, wilder. Conegliano is in the hills, and they make Prosecco there. Going along the ‘Strada dei Colli’ from Conegliano to Vittorio Veneto, you see only vineyards and it’s incredible. To me, the colours of Conegliano seem different, softer… In Veneto everyone speaks dialect, and each town has its own. When I married and went to live in Padova, I had to learn a different dialect.
When I was young, my father and my mother decided that only Italian and not dialect would be spoken to me, so I lived in a house where everyone spoke in dialect to each other but would address me in Italian. My family knew Italian, but my cousins spoke it poorly and sometimes would say things that were nonsensical. We all laughed at that. I really liked dialect but was forbidden to speak it, so I learned it by listening to others. Even now I believe that dialect isn’t taught but learned, the way that speaking and walking are.
The last time I was in Conegliano was due to my father’s passing. It was the first few days of November, and it had been over twenty years since I’d last been there in that season. I had visited every year, but always in Summer or in Spring, never in November. I had forgotten it, Conegliano in November, with the last loads of grapes going to the winery, the smell of the grape must, of stomped grapes beginning to ferment, of the fog in the morning and the evening that seemed to change all the distances, the colours… everything seemingly behind a veil, farther away, dulled…
It was like that when I would go to school in the October fog, and we would pick the horse chestnuts to make necklaces. It was like that when I was a girl and would stay in the kitchen with my mother while she cooked, and I would listen as she told me stories of her youth. That is when I learned the meaning of war, of bombings, of the hunger of poor people, of fascists, of Germans, of the partisans. My mother cooked with the window slightly cracked to keep the air moving, and I think a little bit of fog would come into the kitchen and make me dream.
(When my grandma couldn’t sleep because she was old and at night would think of all the happenings in her life, she would tell me: “Tonight, again, I didn’t sleep – spent all night spinning the fog”.)
9. Naomi De Gasperis - ciociaro
Certe cose nze capiscene colla ciocca. Le teta senti cu l'agnima i lu core. Stà poisia l'a chiappati a parlà, addosela.
Alcune cose non si capiscono con la mente. Le devi sentire tramite l'anima e il cuore. Questa poesia cattura la loro conversazione, ascolta.
Some things are not meant to be understood with the mind. We must hear with the soul and the heart.
This poem captures their conversation, have a listen.
Le cose chiù belle
Se nasconnene
arrèt'a lu sudore
Nzemi alle paure
Sunnate colle stelle
Chiagni m'addò stau?
Si stancu, lu sacciu
M'ammèreta avé curaggiu
Le cose che valene sciulene
Ma n'zé ne vau
Fatte forte core miu
Ca mo veu
Nte ngiafruccà
Nte lamentà
Mettete alle magni de Diu
La vita n'è galera
Quanne speranza i fiducia
Scorrene allu sangu
Rienchiene lu dolore
I fau na macera
Azzìlemà le prete
Abbéla la fatìa
Senza nguastirte
Raccàppa i refiata
Statte iecche ibbìa
Le cose più belle
Si nascondono
Dietro al sudore
Insieme alle paure
Sognate con le stelle
Tu Piangi, ma dove sono?
Sei stanco, lo sò
Ma dobbiamo aver coraggio
Le cose che valgono scivolano
Ma non se ne vanno
Fatti forte cuore mio
Che adesso vengono
Non ti inciampare
Non ti lamentare
Mettiti nelle mani di Dio
La vita non è una galera
Quando speranza e fiducia
Scorrono nel sangue
Riempiono il dolore
E fanno un terrazzamento
Sistema le pietre
Seppella la fatica
Senza arrabbiarti
Copri e respira
Rimani soltanto qui
The most beautiful things
Are hidden
Behind sweat
Mingled with fears
Dreamt with the stars
Yet you cry, where are they?
You're tired, I know
But we have to have courage
Precious things slip away
But never leave us
Make yourself strong dear heart
Because they're soon coming
Don't trip up
Don't lament
Put yourself in God's hands
Life is not a prison
When hope and faith
Run in the blood
They fill the pain
And create a terrace wall
Settle the stones
Bury the fatigue
Without getting angry
Cover it up and breathe
Only be here for now
10. Grazia Piccolo
A mio padre
Neve, pioggia, vento ghiaccio
Giorni tetri, lunghi, monotoni
Sereno non giaci.
“Paap, perce' t’arrabiasce? Ripouset, godet la toua staggioun”
“ie facel pe' te figghia meie, chessi' arragioon ”
(e` facile per te figlia parlare cosi`)
Papa' e' vero la tua estate l’hai vissuta al paese
Dove immaginavi di posare il tuo arnese
In Canada sei venuto
L’amor paterno te l’ha imposto
Ma io ingrata non comprendo
E ancor ti riprendo
“Paap godiscit le meninn”
”Papa', goditi i bambini”
“Vogghie sciaie o paiais maj o soul, all’arie”
“Sain paap ie veer, (S', papa' e' vero”)
Nella piazza al tuo paese con i tuoi amici di infanzia
Ti saresti crogiolato al sole e calmato l’ansia
Qui sei solo,un albero senza radici
La famiglia non ti basta, non ti convinci
Girovaghi nella mall canadese
Se ti imbatti con paesani e` una festa
Mam, figghiet, le nepeut
Nan iegnen u vuut ca sind ind a te
Pe te pape sendec nu dolour ou cour
So na figghia engrat, mu capiscic,
mu u saccie e me sent brutt.
Mamma, i tuoi figli, i nipotini,
il gran vuoto non possono colmarti
per te o padre
sento un dolore al cuore
figlia ingrata, or che so, mi addolora.
Grazia Piccolo (Damone)
Questa composizione e' dedicata a mio padre. Credo che rifletta la realta' di tanti padri anziani che venuti in Canada in tarda eta' hanno dovuto lasciare per amore della famiglia il loro paese natio.
Tanti, come il mio papa', attendevano il loro periodo della maturita' per riposarsi dalle tante fatiche e trascorrerla con calma e serenita' nell’ambiente al quale erano affezionati sin dalla nascita. Forse seduti davanti ad un circol ricreativo, come i loro padri e il loro antenati. Invece, sono qui irrequieti in un ambiente sconosciuto e come anime in pena.
12. Angela B. Garofalo - siciliano
The poem is written in the dialect used in Alcamo, Sicily.
Ricordi amari e duci
Quannu eru picciridda nunn’avia pinseri
Nun sapia di runni vinia lu pani
O chiddu chi si manciava la sira
Puru quannu c’era cipudda
Cu n’atticchia di pani
Nummi lamintava
Picchi pinnuvatri nun sapiamu atru
Sunnu pinseri amari e duci di stu core
Di quannu eru poveru e senza pinseri
C’era pero caluri tantu affettu e
Tanta cuntintezza ni la famigghia
Stu giornu ni la campagna di me nonna
Tutti si misiru a travagghiari
Cu tira l’acqua di lu puzzu
Cu npastava la pasta pi fari li maccaruna
Cu priparava lu sucu
Cu addumava lu focu pi vugghiri l’acqua
Picchi nun c’eranu abbastanza piatta
Me patri cogghi pali di ficurinia e
Ncumincia a livarci li spini
Mancavanu puru li furchetti
Me patri cogghi canni e
Cumme frati tagghianu li forchetti
Chi yiurnata china di ricordi vivi
D’allegria cu la famigghia e parente incarcati
Ni sta menti e ni stu core
Passaru ora settant’anni di quannu
Lassamu lu paesi mio e sentu
Ancora la genti ncapu lu trenu chi cantanu
Vitti na crozza e viu puru
Stu quadru allegru chinu di speranza
Chi cciaccumpagna
Pi tuttu lu viaggiu pi la Francia
E poi pi l’ America
Ncapu la navi l’ Homeric
Sunnu tutti ricordi amari e duci
Di stu core
E nummi scordu di ringraziari sempri
Me matri e me patri
Pi stu curaggiu e pi stu sacrificiu
Di lassari la so terra tuttu e tutti
Pi l’amuri pi sti figghi
Stamuri accussi granni nummi lu scordu mai
Picchissu di tantu in tantu manciu pani cu cipudda
Comu sunnu duci sti ricordi di famigglia e
Comu e amaru stu tempu chi nun torna mai chiu
Bitter and Sweet Memories
When I was a little girl I had no worries
I did not know where bread came from
Or what we were going to eat at night
Even when there was onion
With a little bit of bread
I never complained
Because for us we did not know any better
These are bitter and sweet thoughts of this heart
Of when I was poor and had no worries
However there was warmth lots of affection and a
Lot of happiness in the family
This one day at my Nonna’s country home
Everyone started working
Some were taking the water from the well
Some were mixing the dough to make homemade pasta
Some were preparing the sauce
Some were working on the fire to boil the water
Then there weren’t enough plates
So my father picks the flatten prickly pears’ pads
And starts removing the needles
Now forks were also missing
Again my father picks a few wooden stalks from field plants
With my brother they cut out forks
What a day filled with vivid memories
Of happiness with the family and extended family impressed
In my mind and in my heart
Now seventy years have passed since
We left my hometown and can hear
Still the people on the train singing
Vitti na crozza and can also see
This picture of happiness and of hope
That accompanied us
First for the trip to France
And then to America
On the ship Homeric
These are all bitter and sweet memories
Of this heart
And I will never forget to Thank always
My mother and my father
For their courage and their sacrifice
To have left their land everyone and everything
All for the love of their children
This love so grand I will never forget
That is why now and then I eat bread with onion
How sweet are all these family memories
How bitter is this time that is gone forever
13. Mirells Marazzi, Friulano
Poem written by my mother Maria Fabbro Moretto who is now deceased
Mi Ricuardi
Dal balcon de me cjasute
Ogni di quant c'o jevavi
O saludavi il Pian Cavallo,
O sintivi che ariute frescje e mi consolavi.
O pensavi al mio omp lontan,
in Canada , e mi domandavi:
"quant podarial torna?"
Dopo sis agns al e tornat
il mes di Zenar,
Un fret ca'l cricave
parche il me Fogolar nol scjaldave.
Cussi dop un mes
A l e tornat a parti
E jo vaint o ai saudai la me cjasute
Con duc i miei cjars ricuadz
E pian Cavallo co la so arie frecjute.
Soi partie cu la me valis di carton
E son ormai vincjenuf agns
Ch;e e je li t"un cjanton.
MARIA FABBRO MORETTO
MI RICORDO
Dal balcone della mia casetta
Ogno giorno quando mi alzavo
Salutavo il Pian Cavallo
Sentivo quell"atra fresca
E mi consolavo
Pensavo al mio marito lontano
in Canada, e mi chiedevo
"Quando potra ritornare?"
Dopo sei anni e ritornato
al mese di Gennaio,
con grande freddo e raffredava
Perche il mio camino non scaldava..
Cosi dopo solo un mese e ripartito
ed io piangendo
salutai la mia casetta
con tutti i miei cari ricordi
E Pian Cavallo con la sua aria fresca.
Sono partita
Con la mia valigia di cartone
E sono gia ventinove anni
Che sta li in un cantone.
I Remember
From the window of my small house
Every day when I arose
I would greet Pian Cavallo.
I could feel its fresh air
And that would console me.
Thought about my husband so far away
In Canada, and I would ask myself
"When will he return?"
After six years he returned
During the month of January,
It was so cold all was chilled
Because my my fireplace could not be willed.
A mere month later he left again
Back to Canada he went
With a heavy heart
I bid goodbye to my little home
All my memories
And Pian Cavallo and its fresh air.
With my cardboard suitcase I left
And for twenty-nine years
It has been there alone
In a corner of my new home