Ricordi e ripianti nel film sulla vita di Roberto Baggio
di Nicola Sparano
Ieri sera ho visto Il Divin Codino, non dal viso sui campi del mondiale Usa, ma sullo schermo grazie a Netflix. Il film sulla vita di Roberto Baggio mi ha emoziato e fatto incazzare per i ricordi di quel mondiale Usa passato alla storia per il rigore sbagliato contro il Brasile. Quella partita l'avremmo vinta, ne sono pienamente convinto, se non non fosse stato per Arrigo Sacchi, il Ct maniacale degli Azzurri geloso della sua star.
“Se gioco e vinciamo, tutti diranno che ha vinto l'Italia di Baggio”.
Questa frase del film e' pronunciata dall'attore che interpreta il Divin Codino dopo che era stato costretto a calciare una serie di tiri contro una parete.
Nel film i due sono soli, il CT ordina al suo numero 10 di tirare contro il muro, forte, sempre piu' forte nonostante il Divin Codino non avesse ancora del tutto smaltito la contrattura patita nella semifinale.
Quando Baggio chiede il perche' dei tanti tiri, il Sacchi attore dice: “Mi debbo rendere conto se sei in grado di giocare la finale contro il Brasile”.
Probabilmente questa scena e' inventata, quantomeno esagerata, ma descrive in modo diverso quanto accaduto nella semifinale contro la Bulgaria.
In quel match Baggio aveva segnato due gol, l'Italia conduceva per 2-0 ed era chiaramente piu' forte degli avversari.
Con la finalissima tra pochi giorni sarebbe stato logico ed opportuno far riposare il leader degli Azzurri, salvaguardalo per il momento cruciale.
Invece resto' in campo e pati' una leggera contrattura che gli impedi' di essere il cento per cento con il Brasile difensista di Dunga.
In quel mondiale il Divin Codino riusci' fino al maledetto rigore a coprire la magagne dello CT che voleva vincere le partite sulla lavagna, con gli schemi e ordinava agli Azzurri di giocare con un tocco, un tocco e via.
“Mister ma con un tocco solo come faccio a saltare in dribbling l'avversario?”, gli chiede Baggio nel film mentre il Ct lo guarda storto.
L'Itia debutto' perdendo contro l'Irlanda facendo una figuraccia
Alla fine l'Italia supero' il primo turno soltanto grazie al ripescaggio, non per meriti propri ma per la fortunata coincidenza di altri risultati.
Alla conferenza stampa di Washington, dopo 1-1 con il Messico, quando si seppe che l'Italia poteva rientrare grazie al ripescaggio, Sacchi glorio' se stesso ed il gioco degli azzurri. Mentre la stampa internazionale rideva stupita dalle caxxate del Ct, io andai a nascondermi dietro una pianta.
L'arroganza di Sacchi risulta piu' evidente a confronto con la saggezza di Mazzone.
“Noi abbiamo uno schema solo: tutti passano la palla a Baggio e lui segna” era il matra del vulcanico tecnico romano.
Non tutti ma la maggior parte degli italiani degli anni ruggenti del Divin Codino sono conviti che sia stato lui il miglior giocatore nella storia del calcio nostrano.
Baggio ha giocato in diverse squadre, dalla Fiorentina alla Juventus, ma è stato sempre considerato il calciatore di tutti, il calciatore d’Italia.
La storia di una figura così amata e allo stesso tempo così poco conosciuta, per via della sua estrema riservatezza e' racchiusa ne “Il Divin Codino”, film diretto da Letizia Lamartire e scritto da Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, già autori della serie 1992, dal 26 maggio su Netflix.
Il Divin Codino racconta la storia dell’uomo più che del calciatore: quel Roberto Baggio, detto Roby, che fin da ragazzino, figlio di un padre severo e membro di una famiglia numerosissima, ha capito di avere un dono speciale che avrebbe dovuto seguire fino alla fine.
Il Divin Codino parte così, unendo principio e fine: il giovane aspirante calciatore che si esercita ai rigori vicino all’officina del padre. Quel tiro diventa il maledetto rigore dei Mondiali 1994, in cui l’Italia perde in finale contro il Brasile. Quel giorno altri due giocatori della Nazionale italiana hanno sbagliato, ma tutti si ricordano dell’errore di Baggio: perfino le divinità possono commettere un errore.
Roberto Baggio non voleva un film sulla sua vita
Descritto sempre da tutti come una persona estremamente gentile e umile, ne Il Divin Codino scopriamo un uomo che davvero non voleva le luci della ribalta, ma semplicemente vincere i Mondiali perché lo aveva promesso a tre anni a suo padre.
“Provavo vergogna, pensavo: ma a chi interessa un film sulla mia vita? Di mio non l’avrei mai fatto. Mi ha convinto Vittorio”, ha detto Baggio in conferenza stampa. Vittorio è il suo manager, Vittorio Petrone.
Carriera stellare anche se ha vinto poco
Roberto Baggio ha vinto poco, rispetto a quei 22 anni di carriera da fuoriclasse mondiale: due scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Titoli individuali: sfilza di bullet points – il Pallone d’oro 1993 su tutti – che travalicano lo schermo. Questione di tempi, squadre, allenatori. A partire dalla difficile convivenza con gli infortuni – “la mia amante insaziabile”, dirà lui. Da un ginocchio all’altro: a 18 anni la rottura del crociato con la maglia del Vicenza, a 35 quando giocava nel Brescia. Ma dal 1983 al 2004 il suo score dice 321 gol e oltre un centinaio di assist in 703 partite ufficiali fra club e nazionale, dove è il quarto marcatore di sempre. La forza del numero 10.
Quel rigore contro il Brasile negli Usa
L'attimo. Pasadena, 17 luglio 1994. Non serve aggiungere altro: un’intera generazione sa, Baggio ancora oggi racconta di non averci dormito per milioni di notti. “Sognavo la finale mondiale Italia-Brasile sin da bambino e con quell’errore ho dato il colpo di grazia alla mia squadra. È l’unico rimpianto della mia carriera”.
E' incredibile come un atleta che ha vinto il pallone d’oro e sia stato uno dei più grandi e amati calciatori d’Italia sia ancora così legato a un errore.
Lui stesso non riesce ancora a perdonarsi.
È proprio da questo suo carattere che sono partiti gli sceneggiatori: “La vita di Roberto è una continua rincorsa, un continuo sacrificio. Ogni volta che stava per raggiungere un traguardo importante si è infortunato e ha dovuto soffrire il doppio per riuscire a portarlo a termine. C’è qualcosa di struggente in Roby, che appartiene a tutti noi”, ha detto Stefano Sardo alla stampa.
Personalmente io sono stato, sono e saro' sempre un “baggista” .